“Depois da
indipendencia os cabo-verdianos deixaram de falar portugues”
Sono qui a casa mia, nel
mio letto e stavo per spegnere la luce ... sono le due di notte, e
nella mia mente affiora questo pensiero: ….“Dopo l'indipendenza
molti capoverdiani hanno smesso di parlare ed imparare il portoghese
correttamente a scuola. Ma perché?”
Non ho alcun libro vicino
a me, il computer è spento e ho solo un quaderno per gli appunti.
Fra le mie dita scivola la matita (non trovo la penna) e i miei occhi
sono rivolti verso il cielo... sto aspettando una risposta alla mia
domanda... una persona normale, sana di mente, non ha un simile
tormento a quest'ora!!! Ma a chi importa se i capoverdiani vogliono o
no parlare il portoghese?
Vorrei dire che ho sonno,
ma rischierei di diventare una bugiarda. Fuori piove... tantissimo!
Potrei andare a fare il ballo del sole per far smettere di piovere,
ma ormai il tempo non ha tempo!
Mi gratto il mento,
guardo di nuovo verso il cielo e mi chiedo di nuovo: “ Perché i
capoverdiani non vogliono parlare il portoghese?”
Veniamo al dunque e
facciamo i seri. L'anno scorso quando ho partecipato al “V
Congresso dos Quadros Cabo-verdianos da Diaspora” a Sao Vicente, è
stata affrontata per varie volte la questione di ufficializzare il
creolo come una lingua e farla diventare la nostra lingua ufficiale.
Nei vari dibatti
a cui ho assistito c'era
chi sosteneva che bisognava abolire il portoghese e lasciare solo il
creolo; quelli che volevano tutte e due come lingue principali così
si diventava bilingui, oppure, quelli che non erano assolutamente
d'accordo con le prime due opzioni e ritenevano che era meglio
lasciare le cose come stanno.
Ciò che ho potuto capire
è che la richiesta di levare il portoghese come lingua ufficiale
proveniva spesso dagli immigrati, dal ministero dell'educazione, da
due o tre personaggi pubblici. Quanto al fatto che Capo Verde possa
essere un paese bilingue, la proposta veniva sempre lanciata da
persone mediatrici che in qualche modo cercano di risolvere i
problemi; infine l'ultima proposta veniva lanciata dagli insegnanti,
scrittori, intellettuali, persone comuni i quali affermavano che per
loro ogni isola ha il suo creolo e quindi nessuna delle isole è
disposta a perderlo.
Se chiediamo a uno di Sao
Vicente di parlare il creolo di Santiago e non il suo, ci ride in
faccia. Se chiediamo a uno di Fogo di parlare il creolo di Sao
Nicolau.... vedremo la stessa reazione.
Ma esiste una vera e
propria grammatica del creolo? Una grammatica con regole valide per
tutte le isole? A parte noi, nel mondo, chi parla il creolo?
Secondo me Capo Verde
vuole troppo affermarsi come un paese indipendente, capace di
camminare con le sue gambe e si dimentica che un paese non va avanti
senza aiuto degli altri o di qualcosa. Il portoghese ci serve,
appartiene a noi nel bene e nel male.
Prima del 2000 nessuno
scriveva in creolo, tutti erano costretti a scrivere in portoghese,
non importava se sbagliavi o no... l'importante era farlo. Ora,
specialmente nei nuovi mezzi di comunicazione (cellulari e social
network) tutti scrivono solo in creolo. I giovani non vogliono più
saperne del portoghese, le televisione e la radio di Capo Verde
trasmettono dei programmi dove si parla solo il creolo e non il
portoghese, i nostri giornalisti fanno fatica a coniugare un verbo in
portoghese.
La lingua è un fattore
molto importante, ci permette di comunicare, di esprimere i nostri
pensieri e le nostre idee. Cambiare una lingua ora in un paese come
Capo Verde sarebbe un rischio troppo grosso anche in un prossimo
futuro.
Con l' avvento del
capitalismo, dei liberi mercati, scambi culturali, aperture delle
frontiere, la lingua è diventata uno strumento di grande importanza,
senza di essa molti rapporti non potrebbero esistere ai giorni
d'oggi.
La lingua portoghese è
parlata ovunque, in Portogallo, in Brasile, a Capo Verde, in Timor
Est, in Angola, in Mozambico, in Guinea-Bissau, in Sao Tomé e
Principe, in Macau e in India (Gaboa). Quindi è una lingua
abbastanza parlata dagli abitanti del mondo. E il creolo?
Ogni paese che è stato
colonizzato ha avuto in cambio una lingua nuova, molti dialetti e
lingue dei luoghi sono andati persi nel tempo (ed è un vero
peccato), però oggi ognuna di queste lingue nuove ci servono.
Il capoverdiano
all'estero non parla il portoghese, lo capisce benissimo..ma parlare
e scrivere è un più difficile. Son capaci di imparare benissimo
l'italiano e il portoghese no. Arrivano al punto anche di negare il
creolo. Ad esempio, mi è capitato di sentire una ragazza che, da
quattro anni è in Italia, di dire che non riesce più a parlare in
portoghese, né in creolo e parla solo italiano. Ora, mi sta bene
tutto, ma neanche il creolo? E questo è quello che accade
all'estero.
A Capo Verde da sempre
sono arrivate influenze di altre lingue, a causa dell'immigrazione.
L'immigrato tornava e portava una nuova parola, i capoverdiani
ascoltavano e mixavano con il creolo. Da questo mix o fusione nasceva
una parola o una frase nuova, esempio “ Tud cool” che significa
tutto bene.
Grazie alla televisione
brasiliana “Rede Record”, alle telenovelas e agli studenti che
tornavo dal Brasile, tutti iniziarono a parlare il portoghese del
Brasile. Gli insegnanti uscivano fuori di testa e anche tuttora
perché non riescono più a insegnare il portoghese bene. Nel
frattempo nascono le discussioni.
Prima di pensare ad
instaurare un dialetto come la lingua ufficiale di un paese, bisogna
pensare a tanti pro e contro, bisogna vedere la situazione del paese,
se la società è disposta a questo grande cambiamento e se si quali
sono le vere ragioni ( tanti giovani ad esempio pensano che avrebbero
meno da studiare... tutto per una questione di pigrizia mentale). In
un paese come Capo Verde con nove tipi creolo diversi, non è
assolutamente un lavoro facile da eseguire.
Dopo l'indipendenza di
qualsiasi paese, la voglia di cancellare il passaggio dei
colonizzatori è tanta. Niente deve rimanere, tutto quello che
apparteneva a loro non deve assolutamente appartenerci. E per certo
non si può dar loro contro. Per anni sono stati oppressi, ogni
risorsa è stata portata via, gente strappata dalla propria terra,
beni portati via, e lì, solo è rimasta la speranza. A chi farebbe
piacere trovarsi in una situazione del genere? Trovare il proprio
luogo distrutto dalle mani degli altri? Gente che veniva massacrata,
picchiata, perché non accettava le regole degli altri?
Capo Verde ebbe la sua
indipendenza e chiaramente il paese doveva dare una svolta, doveva
iniziare a camminare con le proprie gambe. Devo ammettere che un
paese come Capo Verde, piccolo, senza risorse naturali, diviso in
isole, è riuscito finora a camminare con i propri passi e tuttora
non c' è mai stata una situazione di guerra o conflitto.
Fino ai giorni d' oggi
nell'arcipelago ci sono stati solo due partiti a governare il paese,
ognuno con la sua politica. Per me, in realtà non c'è stata tanta
differenza da un governo all'altro, ma come dico sempre la politica è
un campo minato. Se continuo a parlare, potrei rischiare di
calpestare qualche mina vagante e la situazione potrebbe mutare in
una scena veramente apocalittica.
Ritornando al discorso di
prima, molti governi dopo l'indipendenza del loro paese cercano di
instaurare una politica contro- colonialismo, di svegliare nelle
persone il sentimento di patria, d'affermazione di un'identità
propria... ad un certo punto diventano anche loro colonizzatori
della propria razza.
Nelle società di oggi
esistono solo delle pecore, siamo un gregge di pecore. Pecore
incapaci di pensare, di ragionare, di ascoltare, di provare
sentimenti reali. Il nostro pastore è il mass media e noi ci
muoviamo da pascolo a pascolo.
Pensare fa male, sognare
è per gli stupidi, il senso di unione è per persone deboli, l'onore
è stato cancellato da tutti i dizionari, il rispetto lo chiamiamo
“respect”, la meditazione è per i disperati, credere in qualcosa
è essere fuori di testa.
Al popolo capoverdiano
ogni sera prima di addormentarsi, gli viene raccontata una favola
quella di : “ Un popolo libero deve dormire”.
Qamar S. Andrade